Il tempo di tornare a casa

Recensione di Federica Cavalli

Il tempo di tornare a casa

di Matteo Bussola

 

Tutto è incominciato per caso; la curiosità di una cliente, Antonella,  per il libro “Il rosmarino non capisce l’inverno”, io che, lo ammetto, quel libro non lo avevo ancora letto, ma di Matteo Bussola avevo letto Viola e il Blu (libro per ragazzi pubblicato da Salani editore, 2021) che mi era molto piaciuto e successivamente la recensione di Antonella pubblicata su questo sito.

Curiosità innescata per la lettura di tutti i libri dell’autore.

Ho deciso di iniziare con

 

Il tempo di tornare a casa

Di Matteo Bussola

Edizione Einaudi Stile Libero, 2021

Pagine: 167

 

L’essere umano per realizzarsi ha bisogno di essere in relazione con qualcuno. Non si fa da solo.

Relazione è stare nella vita. La vita stessa, di ognuno di noi nasce da una relazione MADRE-FIGLIO/A. Nei primi anni di vita un bambino ha bisogno di genitori e, se si è particolarmente fortunati da genitori che ti amano per davvero, che amano non solo il bambino che accolgono tra le braccia, ma anche e soprattutto l’adulto che questo bimbo/a sarà.

Ne deriva che ognuno di noi ha la “sua” storia che è fatta innanzitutto da relazione primarie, soprattutto mamma e poi papà e poi il mondo che determinano il nostro stare nel giro dei giorni della nostra vita.

“Entriamo nel mondo lasciando qualcuno.

Abbandoniamo il respiro di nostra madre, il battito del suo cuore, la certezza del suo ventre. Il calore del suo sangue. Andiamo incontro alle braccia sconosciute di nostro padre, ai suoi occhi increduli. Seguirà l’incognita di altre voci, altri odori, altri sguardi, altre stanze.

Crescendo, lasciamo ogni giorno le vecchie versioni di noi stessi, per andare incontro al nuovo.

Sono spesso scarti minimi a decidere ciò che saremo: un’intuizione improvvisa, un desiderio che fiorisce, una frase letta, un fuoco inatteso che ci scalda proprio quando ci consideravamo perduti.

 

DI CHE COSA SI TRATTA

Uno scrittore perde il treno che l’avrebbe riportato a casa dopo aver partecipato ad un festival letterario. Ora si trova ad aspettare il prossimo treno in una stazione di provincia per circa tre ore.

Ecco la scelta. Sì, perché ognuno di noi sceglie “come” stare nelle situazioni che ci accadono. Gli imprevisti possono essere pietra d’inciampo o, come diceva Montale, un imprevisto è la sola speranza.

Il nostro protagonista sceglie di usare quel tempo, di non buttarlo, di non lasciarlo correre, sceglie di ascoltare, assaporare, respirare. Senza preoccuparmi di nulla, per una volta, senza dover correre da nessuna parte.

È a questo punto che lo scrittore dal berretto giallo con un improbabile zainetto si ritrova sullo sfondo di tante storie di tanti uomini e donne che per quelle ore condividono con lui uno spazio, un tempo, un luogo preciso. Storie che per pochi attimi si incontrano, si incrociano, vengono visti come elementi di un paesaggio. Diciannove narrazioni, Diciannove incontri, diciannove storie dove i vari personaggi sono da sfondo gli uni degli altri. Incontriamo così una donna che non deve partire, ma resta seduta con le sue borse della spesa ad aspettare. Ci sono un figlio e un padre che devono imparare ad ascoltarsi, c’è un marito che sente di essere arrivato ad un punto in cui non può più voltare lo sguardo alla realtà e che prendere consapevolezza di una determinata situazione, ora è necessario.

Il libro termina con una domanda: a che cosa servono le storie? Una domanda a cui risponde nelle ultime pagine, ma… non voglio svelarvi altro.

Certo la domanda resta aperta anche per noi, leggete questo bel libro che non chiede altro di essere ascoltato.

 

CHE COSA MI HA COLPITO

Nelle prime pagine del libro leggo questa frase:

«Da quella sera so due cose.

La prima è che l’amore ha sempre, sempre a che fare con qualcuno in grado di riportarti a casa.

La seconda è che stare lì, soprattutto nei momenti difficili, può essere la soluzione migliore.  Perché, quando ti sembra che la tua paura non abbia voce, è proprio allora che devi stare fermo, imparare a sentirla, accoglierla come parte di te.»

Questo è quello che sto vivendo in questi ultimi due anni di fatica e grazia.

Riportare a casa, la casa è il luogo «del pane, dell’amore, delle nascite, occhi nei quali cercare la certezza che conti, che sei atteso e amato(1)». Casa è, dovrebbe essere, luogo di libertà, luogo di accoglienza e cura dove ci si può mostrare ed essere quello che si è. È essere visto e voluto bene. Casa sono, dovrebbero essere, due braccia che ti tengono vicino nei momenti difficili. È, dovrebbe essere, la gioia di ridere e divertirsi insieme. È, dovrebbe essere, il luogo dove non ci si sente mai soli.

La questione sta proprio nel condizionale “dovrebbe essere” perché troppo spesso ci si concentra su altro: le circostanze, le incombenze dell’immediato, del qui e ora, del disbrigo delle formalità, della forma e dimentichiamo l’importanza dell’essere.

Stare di fronte a quello che siamo fa paura e allora riempiamo la vita di effimero, di distrazioni e procastiniamo decisioni, affondi sulla vita, assunzioni di responsabilità e ognuno a certamente la propria lista di “cose” che ci fanno paura, che tingono di nero la nostra vita ci sbarra gli occhi, ci terrorizza e immobilizza, la paura che ci fa fuggire altrove sapendo che in questo modo la paura si prende tutto di noi.

Sentirla, nominarla, accoglierla.

Così si inizia a stare davanti alla paura a scolorarla a farla diventare qualcosa di altro, magari un’opportunità.

Matteo Bussola ci aiuta attraverso diciannove incontri casuali a capire che le storie sono fatte di istanti pieni di emozioni, di stati d’animo, di pensieri, di paure, di gioie.

Noi siamo istanti che si susseguono uno dopo l’altro.

Noi siamo emozioni che il nostro corpo somatizza

Noi siamo stati d’animo che ci abitano in un’altalena di emozioni.

Siamo attimi di consapevolezza e di inconsapevolezza.

E tutto questo ci accomuna. Per questo abbiamo bisogno di narrazioni che ci rispecchiano o che ci mostrano altri punti di vista.

 

LO CONSIGLIERESTI?

Consiglio questo libro perché è sempre utile provare ad indossare i panni di altri. È sempre utile sentirsi rispecchiati, sentire che le nostre storie possono essere lette nelle storie di altri.

 

A CHI IN PARTICOLARE?

A tutti ma soprattutto a chi ha bisogno di credere che c’è la possibilità, un modo altro, per stare di fronte al nostro dolore e alla nostra fatica.

 

MATTEO BUSSOLA

Matteo Bussola nasce a Verona nel 1971. È uno scrittore, fumettista e conduttore radiofonico italiano. Per Einaudi Stile Libero ha pubblicato il best seller Notti in bianco, baci a colazione nel 2016. Sono puri i loro sogni nel 2017, La vita fino a te nel 2018 e L’invenzione di noi due nel 2020.

Per Salani ha pubblicato il libro per ragazzi Viola e il Blu nel 2021. Conduce una trasmissione radiofonica su Radio 24, I Padreterni.

Tiene una rubrica sul settimanale «F» dal titolo Uno scrittore, una donna.


1) Padre Ermes Ronchi, Le case di Maria. Polifonia dell’esistenza e degli affetti - Paoline editoriale libri, 2006