Di un miracolo di fragilità e bellezza. Una bellezza che vive di luce, senza bisogno di essere guardata.
Nel giardino della mia casa d’infanzia. Ricordo le viole, i loro piccoli cerchi nell’erba. Sono fiori tenaci e riservati. Di mia nonna materna, Maria, si diceva che era bella come una viola: ci si accorgeva della sua bellezza, solo avvicinandosi.
Non ricordo di avere mai sognato fiori.
Non credo che i colori siano necessari. Sono affezionata alle linee, ai contorni incisi e netti. Agli alberi nudi, senza foglie, contro il cielo limpido. A ciò che resiste all’inverno. Un fiore senza colori potrebbe confondersi con una foglia, è vero. Ma io credo che nella spoliazione ogni cosa si avvicini alla sua essenza. Ed è questo che il mio sguardo cerca, in ogni immagine.
Per “pollice verde” di un poeta, si intende la sua capacità di dare vita, nella pagina, a fiori e piante? Penso allora, inevitabilmente a Pascoli, a Bertolucci, e a una sua bellissima poesia intitolata La rosa bianca, ritratto della bellezza tremante e matura di una donna.
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